PUGLIALIBRE: RECENSIONE DI HOTEL

«H di Hotel» è al tempo stesso una delle più comuni reminiscenze dei primi mesi di scuola e un indicatore pratico e internazionale attinente al viaggio, al vivere come se fosse la propria casa una stanza in paese lontano. Entrambi i significati si affacciano nell’ultimo di libro di Mino Pica, Hotel. Camere di riflessione (Lupo Editore, pp. 120, euro 12).

Il primo è reso evidente già nell’introduzione dell’autore: «Ho bisogno di una mutina per sentirmi più forte; Ho bisogno di una mutina per colorare le mie mani; Ho bisogno di una mutina per misurare la mia pazienza». Il secondo attraversa tutto il libro, non solo nella scansione dei capitoli (Reception, Primo e Secondo piano, tre Uscite di sicurezza) ma all’interno degli stessi testi che li compongono, in cui non mancano riferimenti al viaggio inteso sia in senso stretto, sia a livello intellettuale (le “camere di riflessione” del sottotitolo).

puglia-libre-bGiornalista e laureato in Scienze della comunicazione, Pica è soprattutto un grande appassionato di musica, elemento tutt’altro che secondario nei suoi libri. Come già nel suo precedente Cucina interiore, anche in Hotel propone una vera e propria playlist di brani il cui ascolto consiglia contestualmente alla lettura delle sue brevi riflessioni. Si va dai Csi ai Verdena, dagli Smashing Pumpkins ai Radiohead fino a gruppi meno noti come Leitmotiv, Oh Petroleum e Seahouse: al di là delle differenze tra loro, il sound aderisce allo spirito dei testi, in cui un’amara malinconia si misura con un imperturbarbile scorrere del tempo («Il silenzio nelle piazze e il caos sulle strade, ci si annoia nel parco divertimenti, i varietà sono piatti, i teatri inespressivi, i libri monotoni») e con una rabbia perlopiù soffocata («Corro, fra rami e foglie, calpesto le mie radici che provo a lasciare alle spalle, ma la paura è più veloce della mia urgenza»).

Pur in assenza di un esplicito filo conduttore dal punto di vista narrativo tra i vari brani, che si caratterizzano perlopiù come prose poetiche, i rimandi ai viaggi, che siano in corso, già conclusi o “dell’anima”, sono i più costanti. E come tutti i viaggi, ve ne sono alcuni che si vorrebbero interrompere prima del tempo, come «questo viaggio low cost che mi sono affrettato a prendere, nella superficialità disattenta di una destinazione precipitata nel cuore delle mie paure», per andare oltre, per superare i problemi di ogni giorno. E altri che si potrebbero cominciare ma che devono prima scendere a patti con la realtà: «Potrei raggiungere Siracusa o Melbourne, potrei raggiungere ogni mare e collina, […] ma è nel peso delle possibilità donate che misuro il mio equilibrio vitale, illudendo al contempo il mio libero arbitrio».

Stefano Savella

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