TRATTO DA UNA STORIA VERA

12798982_10207562598774576_3730354310940564282_nProbabilmente sono io a farmi film ma avete notato che il cinema ultimamente propone quasi unicamente storie vere? Si tratta di incapacità di creare, di esigenza di conforto o di entrambe le cose? Se non lo avete notato entriamo un secondo in sala: nel 2015, ad esempio, degli otto candidati all’Oscar per il miglior film, ben quattro erano tratti da storie vere (“American Sniper”, “The Imitation Game”, “Selma” e “La Teoria del tutto”). Nel 2014? Sei. Bene, in quest’ultimo anno credo che la costanza di questo particolare genere sia addirittura aumentata. Qualche esempio? “La grande scommessa”, “Il caso Spotlight”, “Joy”, “The Revenant”, “Jobs”, “The program”, “The Danish Girl”, “La vera storia di Dalton Trumbo”, “Suffragettes”, “Il ponte delle spie”, “127 ore”. Potrei continuare a lungo. Parliamo del biopic, un termine coniato in realtà negli anni Trenta per indicare proprio film ispirati alla vita di una persona reale (biographic picture). E’ evidente che questo genere è sempre esistito. Dal 1927 al 1960 Hollywood produsse 291 film biografici. Parliamo però meno del 3% dell’intera produzione hollywoodiana dell’epoca. Successivamente la popolarità del genere aumentò notevolmente per poi approdare anche sul piccolo schermo. La tendenza di rappresentare storie vere anche in Italia , nella fiction in particolare, non fatica a riscontrarsi con audience degni di partite dei mondiali di calcio: “Paolo Borsellino” (11 milioni di spettatori), “Madre Teresa” (11), “Il Papa Buono” (10), “Padre Pio” (11) e sicuramente continuerà nei prossimi decenni con “Bruno Vespa”, “Pupo”, “Carlo Conti”, “Pooh: i nostri 75 anni”, “Fabio Volo: il mio ultimo libro”, “Il giudice Santi Licheri”, “I Baci di Fedez” e così via. Una sfumatura che probabilmente si lega a tutto ciò è anche la tendenza all’ambientazione in epoche relativamente lontane, a volte addirittura anche ottocentesche, delle serie televisive di maggiore successo di oggi. Quasi un bisogno di conforto: estraniarsi da una realtà contemporanea che fatica ad identificarsi, a soddisfarsi, a farsi. La visione viene quasi bandita e mi chiedo se un Fellini oggi uscirebbe fuori, ad esempio. Sarebbe in grado di sgomitare, presentando le sue di visioni? Di farlo nell’inflazione generata da questa drammatizzazione audiovisiva, che mira al coinvolgimento emotivo del pubblico con storie il più possibile credibili; attingendo spudoratamente dalla realtà, per raccontarla con decenni di ritardo? Rimasi anche basito da “La grande bellezza”, presentata come illuminante, ha invece, per me, semplicemente rappresentato l’Italia con venti anni di ritardo. L’ha fatto dimenticando che l’arte dovrebbe invece anticipare la realtà, non ripresentarla nel modo più confortevole ed emotivo possibile. Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente reale.

Mino Pica

Pubblicato su Coolclub.it
Anno XIII Numero 81
Aprile 2016