Parafrasando Tiziano Terzani, sono innamorato della musica che è stata, affascinato da quella che sarà ma annoiato da quella presente. Mi ritrovo spesso a fotografare lo stato vitale della musica dei nostri tempi, leggendo, ascoltando, e di certo mi pare che non se la passi proprio bene. Questi primi anni 2000 saranno probabilmente ricordati più per le piattaforme e le tecnologie utilizzate che per gli artisti susseguitisi. Scorrendo superficialmente, e velocemente, gli ultimi decenni forse potremmo scrivere, e dire, che siamo passati dai Beatles ai Doors, dai Rolling Stones ai Queen, dai Nirvana agli Mp3, da Spotify a Soundcloud e chissà ancora. La retromania di questi anni, e le reunion generate, probabilmente nasce anche da questo. Reminescenze universitarie mi riportano a McLuhan, alla sua “il medium è il messaggio” e, parafrasando anche questa, sembra naturale dire come anche la musica sia condizionata dalla percezione del messaggio comunicato, molto più del messaggio stesso. Si ragiona spesso di vinile, di album, copertine, doppio cd e supporto ma la verità è che la plastica è andata a male e l’ascolto è semplicemente liquido, esattamente come liquida è quest’epoca che viviamo. La musica si ascolta online (nel 2015 Spotify ha registrato 30 milioni di abbonati ad esempio) e la curiosità che abbiamo sempre concepito non è più la stessa da tempo; ora la curiosità è la casualità, una casualità figlia in realtà delle nostre stesse preferenze, espresse e lanciate nell’apparente vuoto ogni istante, senza neanche rendercene conto. Siamo sommersi da un linguaggio globale univoco ma siamo noi stessi a fonderlo e formarlo. Che incredibile opportunità! O che incredibile disgrazia? O forse meglio, che incredibile responsabilità! Ogni giorno, ogni ora, siamo noi stessi a fonderlo e formarlo. Ogni minuto su Facebook, ad esempio, si generano 2 milioni di like e 350 GB di dati passano per i server. Sono più di 200 milioni le mail spedite al minuto e più di 70 le ore di video pubblicate al minuto su You Tube. In tutto questo anche la musica è flusso continuo, ininterrotto che scorre inseguendo like e preferenze e che inevitabilmente viene poi anche dimenticata. Anche la musica come uno streaming continuo, provvisorio e generato, proprio come accade con tutto il resto della nostra quotidianità. Se questo deve essere, allora poniamo maggiore attenzione e selezione ai nostri like, alle nostre scelte, al nostro condividere. Sfruttiamo le pop star dei nostri tempi, mettiamo in comune il nostro gusto educato, il nostro bisogno espressivo. Non accontentiamoci di documentare i nostri movimenti, cerchiamone di nuovi e riprendiamoci la nostro identità. Come ci chiedono e ci illudono da circa 20 anni: we are making the world a better place.
Mino Pica
Pubblicato su Coolclub.it
Anno XIII Numero 87
Ottobre 2016